A stelle e strisce (tricolori): caffè americano, gusto italiano
Il caffè americano, se preparato nel modo corretto, è una bevanda di qualità dal gusto raffinato. Un’alternativa autorevole all’espresso nazionale.

- Il caffè americano in Italia porta con sé un pregiudizio risalente alla Seconda guerra mondiale.
- La miscela perfetta per il caffè americano: varietà Arabica, lavata, con tostatura chiara e a grana grossa.
- Il caffè filtrato si ottiene con il passaggio dell’acqua calda dall’alto attraverso la miscela con una macchina apposita o con la French press.
- Meno caffeina, più aroma e leggerezza: alla scoperta della varietà Arabica.
- Il chicco di caffè viene estratto dalle drupe tramite il metodo “a secco” (essiccazione) o quello lavato/umido (fermentazione).
- Il processo di tostatura del chicco serve a renderlo pronto al consumo. I diversi gradi di tostatura incidono sul gusto finale del caffè.
- I tratti peculiari della materia prima e della sua lavorazione concorrono a ottenere un caffè americano di elevata qualità.
L’origine del caffè americano, tra leggenda e pregiudizi
In Italia il caffè americano è un prodotto piuttosto divisivo. C’è chi storce il naso al solo sentirlo nominare e chi, invece, lo preferisce anche al classico espresso. Di certo c’è che ormai fa parte delle abitudini di molti italiani, a casa e al bar. La leggenda narra che il caffè cosiddetto “americano” nel nostro Paese sia nato durante la Seconda guerra mondiale. Pare, infatti, che i soldati statunitensi di stanza nel Belpaese “allungassero” l’espresso con acqua calda. In questo modo rendevano il gusto più simile a quello del caffè che bevevano in patria. È da qui, forse, che ha avuto origine un pregiudizio sul caffè americano che lo presenta alla stregua di un’imbevibile brodaglia. In realtà, nulla di più sbagliato. Il vero caffè americano nulla ha a che vedere con il suo antenato.
La miscela perfetta
Tra espresso e americano non è possibile alcun confronto. Presentano, infatti, proprietà organolettiche essenzialmente diverse. Questa differenza è dovuta prima di tutto alla miscela. Il caffè americano è una bevanda più leggera e delicata dell’espresso. Predilige l’aroma alla corposità, con note acidule, fresche e dolciastre. Per ottenere questo mix profumato, è necessario che la miscela scelta abbia specifiche caratteristiche:
- essere Arabica al 100% o una combinazione di 80% Arabica e 20% Robusta, lavorata con il metodo “lavato” o “umido”¹;
- presentare una tostatura chiara;
- avere una grana grossa per permettere una più profonda filtrazione.

Il metodo della filtrazione
Il caffè americano è chiamato anche caffè filtro/filtrato o caffè gocciolato. Si può facilmente preparare a casa con un’apposita macchina per caffè americano. In commercio si trovano le versioni più svariate, che fanno sgocciolare l’acqua calda dall’alto e la fanno filtrare attraverso la miscela.
Un’alternativa è la French press. Si tratta di una caraffa dotata di filtro a pressione utilizzata anche per tè e tisane. La si riempie con caffè macinato specifico, come il nostro Perfetto Moka Bialetti. Si aggiunge acqua calda non bollente, lasciando in infusione per almeno 4 minuti. A questo punto, tenendo saldamente il manico della caffettiera, si esercita una leggera pressione sul pomello per abbassare lo stantuffo. Infine si gira il coperchio, in modo che le fessure siano rivolte dalla parte del beccuccio, e si versa il caffè.
Con entrambi i metodi, bastano 5-7 grammi di caffè per 100 ml di acqua, a una temperatura compresa tra 92 e 96°C in modo da non intaccare l’aroma.

Le varietà del caffè e le peculiarità dell’Arabica
Per comprendere quel che sta dietro un caffè americano, è opportuno un piccolo approfondimento. Nel mondo esistono un centinaio di varietà di caffè. Tuttavia, solo una piccola parte è coltivata a scopo commerciale. A farla da padrone sono l’Arabica e la Robusta. La restante parte della coltivazione caffeicola è rappresentata da varietà più rare e di nicchia, come Liberica ed Excelsa¹.
L’Arabica ha un contenuto di caffeina ridotto, pari alla metà o addirittura a un terzo di quello della Robusta. Ecco perché il caffè americano è più leggero dell’espresso, la cui miscela presenta un maggior quantitativo di varietà Robusta. L’amarezza di quest’ultima lascia così spazio alla fragranza dell’Arabica e al tratto odoroso che contraddistingue un caffè americano che si rispetti.

La lavorazione del chicco
Indipendentemente dalla varietà, la pianta del caffè sboccia in fiori bianchi che si trasformano in bacche rosse chiamate drupe. All’interno di ciascuna drupa sono solitamente presenti due chicchi. Dopo la raccolta, inizia la lavorazione, secondo due diversi metodi:
- “a secco”, in cui i chicchi vengono estratti dalle drupe precedentemente essiccate al sole;
- lavato o umido, in cui le drupe vengono spolpate con macchinari appositi e i chicchi, ancora coperti da una membrana gelatinosa detta “pergamino”, immersi in acqua. Vengono lasciati in ammollo per circa tre giorni, quindi lavati e infine asciugati al sole.
La fermentazione a cui va incontro il chicco di caffè immerso in acqua è fondamentale per esaltarne le connotazioni aromatiche. Saranno proprio queste a caratterizzare la nostra tazza di caffè americano.
La tostatura del caffè
La tostatura è il processo che modifica le proprietà chimico-fisiche del chicco di caffè per renderlo pronto al consumo. I chicchi vengono sottoposti a una temperatura compresa tra 215 e 230°C per 10-16 minuti. Al termine della tostatura e del conseguente raffreddamento, avranno perso acqua e quindi peso, ma aumentato di un terzo il volume. Grazie al calore, gli oli essenziali e gli aromi vengono sprigionati. Il grado di tostatura varia a seconda delle richieste dei consumatori, dell’area geografica e del tipo di utilizzo del caffè. Più il caffè è tostato o torrefatto, e quindi scuro, più il suo gusto sarà amaro e consistente. Al contrario, una tostatura media manterrà di più la profumazione e il sentore della materia prima. Con il caffè americano si predilige una tostatura chiara, poco comune in Italia, in grado di esaltare al massimo le note fresche, dolci e floreali.
Caffè americano: una questione di gusto e di qualità
I tratti peculiari della materia prima e della sua lavorazione sono elementi fondamentali per ottenere un prodotto di elevata qualità. Il metodo della filtrazione, inoltre, serve a nobilitare la miscela dando al caffè di questo tipo la leggerezza che lo contraddistingue. Non un espresso allungato, dunque, ma una bevanda potenzialmente raffinata, con un proprio carattere e un gusto inequivocabile. Chissà che col tempo la fazione anti e quella pro caffè americano trovino un punto d’incontro. Senza dubbio, però, un vero caffè americano oggi non è più cugino sventurato dell’espresso, ma una proposta alternativa e gustosa.
NOTE
¹ Fonte: ICO, International Coffee Organization

Caffè a perdere: incipit vincente
Si arriva, quindi, al terzo passaggio essenziale con una Moka nuova: cosa fare per farle “assaggiare” l’odore del caffè? Il classico consiglio della nonna è quello che, effettivamente, fa la differenza. Si tratta, in sintesi, di preparare tre caffè a perdere:
- si riempie la caldaia di acqua, a temperatura ambiente, fino al bordo inferiore della valvola;
- si mette un po’ di macinato nel filtro;
- a questo punto si assembla la caffettiera, ponendola sul fuoco.
Gli infusi ottenuti non vanno versati in tazzina né consumati. Questa operazione fa sì che gli oli e le cere naturalmente presenti nel macinato creino una lieve patina isolante e protettiva all’interno della Moka. Un elemento invisibile, ma di grande rilevanza per proteggere le preparazioni future. Se non per sempre, per un lungo segmento di vita.